“Nella grande Europa dove sei nata tu
molti stati liberi vivono fiorenti
dall’enorme prosperità materiale,
enormi industrie e tecnologie.

C’è più benessere mondano là,
la vita è più indaffarata,
c’è più scienza e letteratura,
le cose cambiano più in fretta.

Anche se non abbiamo il progresso qui,
abbiamo pace e felicità interiori.
Anche se non abbiamo tecnologie,
abbiamo modi più conformi al dharma.

La nostra lingua nel Ladakh e Tibet
è una lingua di saggi lama,
è uno scrigno ricco di dharma,
nessun’altra lingua può eguagliarla.

Allo splendore di tutti i fenomeni
guarda con mente attenta.
Hanno essi alcun sublime significato?
Nessun significato io vi ho trovato.

Uno può avere anche molto da consumare;
il benessere può anche abbondare;
uno può avere grande fama e potere;
la morte deruberà di certo anche costui.

All’ora della morte le opere soltanto,
ma non un briciolo di ricchezza, possiamo portare.
Le nostre azioni buone o cattive
creano la nostra gioia o il nostro dolore.

Se l’essenza dharmica non viene compiuta,
una duplice delusione ne resterà.
Finchè la comprensione non trascende le spiegazioni,
non c’è fine alle parole e ai termini.

Ora lavora sodo e con concentrazione,
non ci vorrà molto per imparare.
Vedrai meraviglie
e anche ciò che dico diverrà chiaro.”

Estratto dal libro “ISPIRARCI AL PASSATO PER PROGETTARE IL FUTURO” di Helena Norberg-Hodge

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Riporto qui i miei appunti di viaggio che ho preso solo nei primi giorni, quelli più duri per il fisico, dove c’è stato il tempo per poter pensare e scrivere le proprie sensazioni. Dopodiché il racconto del viaggio continua attraverso le foto.

19 Settembre 2015
Il volo per Delhi è ritardato di alcune ore, mi godo l’aeroporto di Malpensa deserto, ci sono tanti indiani e pochi italiani che aspettano. Il volo per Roma è turbolento, mi causa una nausea che mi porterò dietro fino a metà del volo per Delhi quando mi decido di chiudermi in bagno ed espellere quello che non mi faceva dormire, bere e mangiare. Jordi e Anna sono saliti a Roma, sono seduti 2 file dietro di me.

20 Settembre 2015
Atterriamo a Delhi nel pomeriggio, l’aeroporto è impressionante, penso sia uno dei più grandi e belli che io abbia mai visto. Andiamo a ritirare le valige, io con qualche preoccupazione in più perché al check-in a Malpensa non si sono fatti i cavoli loro e hanno messo come destinazione finale Leh nonostante le mie proteste e avergli detto che comunque dovevo passare metà giornata a Delhi. La mia valigia però per fortuna arriva, respiro di sollievo e si va fuori a prendere il taxi. 37 gradi umidi ci investono, Anna si fuma la sua sigaretta e Jordi paga il taxi per andare in centro. La città indiana è a dir poco caotica, per fortuna gli inglesi hanno lasciato in eredità un minimo di urbanistica…

Arriviamo in albergo, doccia e poi ci inoltriamo nelle vie meno turistiche di Delhi. Forti odori ci avvolgono, qui la vita si trascorre in strada, barbieri, cuochi più o meno rassicuranti, venditori di ogni mercanzia, bambini, senza tetto, cani, spazzatura, rumorosi motorini che schivano all’ultimo i pedoni, il continuo suono dei clacson, l’impatto con tutto questo è notevole. Andiamo a cena in un ristorante che Jordi dice essere il migliore di Delhi, il Metropolis. Gli diamo ragione dopo aver mangiato diverse portate tutte ottime, tra cui il pollo tandoori, e il prezzo è veramente basso per noi occidentali per la qualità e la quantità di cibo, quindi ci ripromettiamo di tornarci l’ultimo giorno.

21 Settembre 2015 – Leh, Ladakh. 3400m di quota.
Il volo è spettacolare, scavalchiamo l’Himalaya, per scendere l’aereo fa delle continue virate, il paesaggio è unico.
Notiamo la scarsità d’ossigeno appena usciti dall’aereo. Andiamo in albergo, bellissimo Glacier View Hotel che ha una vista stupenda sul Leh Palace, sul Namgyal Tsemo Gompa e le montagne del Karakoram. Ci riposiamo, fare le rampe di scale per arrivare in camera è stancante come scalare una montagna, i muscoli urlano ossigeno… è una sensazione strana, come se le montagne con la loro imponenza volessero schiacciarci al suolo per ricordarci quello che siamo.
Dopo qualche ora di sonno Anna non se la sente di uscire e decide di riposarsi ancora. Io decido di andare in centro a Leh con Jordi, ho la convinzione che se faccio una passeggiata il mio fisico forse si abitua prima alla quota. Giriamo per le stradine, ci fermiamo a prendere del pane appena fatto da un forno, buonissimo! Ogni tanto ci fermiamo a vedere qualche vetrina, ci sono negozi di artigiani e di tessuti bellissimi a fianco a negozi di articoli cinesi di plastica a basso prezzo.
Torniamo verso l’albergo, io a passo di lumaca, anche i vecchietti mi superano a piedi e non abbiamo fatto neanche 3 km… Ci sediamo sulla bellissima terrazza piena di fiori dell’albergo a riposare, cerco di riprendere fiato, non riuscirei a fare le rampe di scale che mi separano dalla camera… da qui il paesaggio è incantevole, le montagne ci circondano ma cerco di non pensarci troppo, la suggestione può fare brutti scherzi.

22 Settembre 2015
Durante la notte mi sento accaldata come se avessi la febbre, mi sveglio e spengo il riscaldamento, vado in bagno e mi rinfresco con l’acqua gelida, torno a letto e tolgo il piumone. Nel dormiveglia sento il canto del muezzin all’alba ma sono ancora intontita per scendere dal letto e andare a far foto al sole che sorge. Alle 7 decido di svegliarmi, il fisico è un po’ debole ma non ho la febbre. Ieri sera non c’era acqua calda per la doccia, per fortuna oggi c’è. Le cose che pensiamo essere scontate in occidente qui non lo sono. Anche fare la doccia è uno sforzo per il fisico, l’acqua bollente mi abbassa la pressione, esco dal bagno e torno a letto per riprendermi. Guardo fuori dalla finestra, le montagne sono li’ che ci guardano.

Anna purtroppo non sta ancora bene, il mal di montagna si è fatto sentire, cerchiamo di rassicurarla e la lasciamo riposare; io e Jordi dopo colazione decidiamo di fare una passeggiata, ci dirigiamo verso il tempio buddhista. Sentiamo un suono di tamburi ed entriamo nel tempio, sembra che i monaci si stiano preparando per una festa e chiediamo se possiamo fare foto: permesso accordato! Pian piano prendiamo confidenza con loro e mi avvicino sempre di più per scattare. Si stanno preparando per la Cham dance, un’esibizione per il festival del Ladakh. Siamo gli unici fotografi all’interno del tempio, i turisti si stanno tutti radunando nel cortile. L’esibizione inizia, i primi monaci vestiti con abiti sgargianti e maschere escono dal tempio e iniziano a danzare a tempo di musica, io e Jordi fotografiamo dall’alto del tempio, un privilegio avuto solo per aver chiesto il permesso ed essere entrati in confidenza con i monaci, che esperienza! I monaci si danno il cambio, quando le maschere finiscono la danza entrano nel tempio e si svestono mentre altre maschere arrivano a danzare. E’ un’emozione unica poter vedere tutto questo così da vicino. Scattiamo per più di 2 ore, poi infilo le scarpe e scendo nel cortile. Jordi qualche minuto prima mi ha indicato una donna anziana vestita in abiti tibetani seduta nel cortile, un soggetto molto bello da fotografare, mi avvicino e mi siedo vicino a lei, le sorrido, tramite gesti le chiedo se posso farle una foto, lei annuisce. Vedo altri fotografi che fanno foto da lontano, io sono lì accanto a lei e scatto… ma la magia finisce quando mi fa il gesto di darle dei soldi, che peccato!

Torniamo in albergo, Anna sembra stare meglio, buona notizia! Decidiamo di pranzare e poi di fare un uscita nel pomeriggio. L’acclimatamento ha bisogno di tempo, i nostri corpi devono ancora abituarsi del tutto a questa altitudine. Ci manca anche l’appetito ma cerchiamo di sforzarci un po’ altrimenti oltre all’ossigeno manca anche l’energia.
Fuori piove, in Ladakh è strano, di solito c’è un cielo blu limpidissimo ma comunque ci incamminiamo per il centro, giriamo per le vie, ci fermiamo ogni tanto a scattare.

foto qui sopra: 22/09/2015 Cham dance, Ladakh festival, Leh

“Uno degli eventi più significativi dell’anno è la danza Cham, durante la quale gli insegnamenti basilari del buddismo Vadjrayana sono rappresentati in forma teatrale ed un’effigie del nemico di tutti, l’ego, viene simbolicamente uccisa. Centinaia, spesso migliaia di paesani vengono dai dintorni per vedere i monaci che danzano con splendide maschere variopinte, che rappresentano le varie figure del pantheon tibetano ed hanno tutte un più profondo significato simbolico. La musica di corni e di tamburi si mescola con la cantilena dei mantras e le risate.”

estratto dal libro “ISPIRARCI AL PASSATO PER PROGETTARE IL FUTURO” di

​Helena Norberg-Hodge

foto qui sopra: 23/09/2015 Monastero di Spituk

​Il mercoledì ci rechiamo a Spituk, un monastero a poca distanza da Leh.

Il meteo non è dei migliori, pioviggina ma sembra che il cielo voglia aprirsi. Faccio ancora fatica a salire le scale ma per visitare i monasteri qui bisogna abituarsi. Troviamo un monaco che ci apre il tempio e alcune stanze, ma non sembra molto disponibile e non vuole essere fotografato, pazienza. Il panorama è stupendo, si vede la vegetazione solo vicino al corso del fiume Indo, il resto è deserto. Si vede la neve caduta nella notte sulle vette più alte. Scatto qualche foto ma non sono in vena.

foto qui sopra: 24/09/2015 Monastero di Thiksey e tramonto dal Namgyal Tsemo Gompa di Leh

Il giovedì va decisamente meglio, il meteo è dalla nostra, la giornata è splendida, mi sento fisicamente meglio e infatti sono più concentrata mentre fotografo. Thiksey è un gioiello, siamo fortunati perchè riusciamo ad assistere alla Puja mattutina. Più tardi assistiamo al richiamo per l’inizio della cerimonia con due monaci che suonano prima il radong, un lungo corno telescopico, e infine le conchiglie marine.

Al tramonto ci rechiamo al Namgyal Tsemo Gompa a Leh, da lassù il panorama è stupendo.


Si vede tutta Leh ai nostri piedi e lontano si nota lo Shanti Stupa bianco. E’ proprio un posto da meditazione, non c’è posto migliore per un monastero. I turisti uno dopo l’altro vanno via, il sole pian piano scende dietro alle montagne, aspettiamo che le nuvole si colorino di rosso, il vento diffonde ovunque i mantra dei Lung-Ta, le bandierine di preghiera colorate.

foto qui sopra: 25/09/2015 Monastero di Hemis e pomeriggio vicino all’Indo nei dintorni di Spituk

E’ stato difficile fare foto ad Hemis, non riuscivo a trovare la concentrazione nonostante fossimo tra i primi visitatori della giornata. Non si può avere sempre la fortuna di assistere alle cerimonie e di avere tanti monaci con le loro splendide tuniche rosse in giro per il monastero. Ma cerco comunque qualche spunto.

Nel pomeriggio ritorniamo a Spituk ma questa volta siamo ai piedi del monastero, giriamo nelle viuzze del villaggio, un contadino ci vede fotografare e ci invita ad entrare a casa sua, ci dice che dalla sua terrazza c’è un bel panorama. In effetti da una parte c’è il monastero di Spituk e dall’altra l’oasi verde attorno il corso dell’Indo. Ci mostra orgoglioso la sua cucina, ci spiega che l’ha fatta sua padre che era un artigiano. Rimango stupita dall’ospitalità e umiltà dei ladaki, è qualcosa di perduto in occidente.

“La cucina è il cuore della casa; la famiglia vi trascorre la maggior parte del tempo. In genere, le cucine sono così ampie che può essere difficile parlarsi da una parte all’altra. Oltre a qualche tavolinetto basso e dei tappetini, c’è poca mobilia; due terzi del pavimento sono lasciati completamente liberi. Lungo la parete, una fila di scaffali di legno decorati è riempita con una lunga serie di contenitori scintillanti di tutte le misure. Una grande stufa nera e lucida è il punto focale di ogni cucina, Anche se sembra di metallo lavorato, è in realtà fatta di argilla. I fianchi sono decorati con simboli ben augurali e altri motivi tipicamente buddisti, spesso impreziositi con turchesi e coralli. Il fuoco è alimentato con sterco essiccato e mantenuto acceso con un soffietto di pelle di capra.”

estratto dal libro “ISPIRARCI AL PASSATO PER PROGETTARE IL FUTURO” di Helena Norberg-Hodge

foto qui sopra: 26/09/2015 On the road, Alchi e Lamayuru

Il fiume Indo è stupendo, lo costeggiamo in auto andando verso Alchi, i panorami che si susseguono sono straordinari, mi vorrei fermare a fare foto ad ogni kilometro. Lungo la strada noto dei cartelli con scritte in inglese tipo “Better late then never”, “Speed thrills but kills”. “Time is money but life is precious” (“Meglio tardi che mai”, “La velocità dà il brivido ma uccide”, “Il tempo è denaro ma la vita è preziosa”)…

Arriviamo ad Alchi, il monastero non è tanto grande ma è comunque un gioiello. All’interno dei diversi templi non si possono fare foto perchè ci sono dei dipinti antichissimi, ma comunque il monaco che ci accompagna si presta a qualche scatto.


Jordi ci parla del monastero di Lamayuru, siamo a solo un’ora e mezza di macchina, decidiamo di andarci dopo aver fatto qualche acquisto al mercatino di Alchi. La strada diventa sempre più panoramica, a tratti non è asfaltata, costeggia le pareti della montagna, dall’altra parte c’è lo strapiombo e in fondo scorre un affluente dell’Indo, non ci sono guard-rail nè reti di contenimento in caso di caduta massi, ma non sono preoccupata, lo scenario è troppo bello. L’autista ci spiega che Lamayuru viene chiamata anche “Moonland” e quando arriviamo capiamo il perchè, il paesaggio è veramente lunare.


Il monastero non è grandissimo ma abbiamo la fortuna di assistere alla Puja.


Ci mettiamo seduti vicino ai monaci bambini, la cantilena continua dei mantra dei monaci con le loro voci baritonali è ipnotica, alcuni bambini ridono tra di loro, altri si annoiano, sono dei soggetti troppo belli ma mi concedo anche del tempo senza scattare per godermi il momento. Quando mi ricapiterà di assistere a una Puja in un posto così meraviglioso?